Lunedì 9 ottobre 2023 si è svolto a Jesi l’incontro “FIORI NEL CAOS. INVENTARE IL LAVORO CON GLI ADOLESCENTI” ed è stata una giornata importante per il “Festival dell’educazione” che, dopo diversi anni, ha ripreso l’attività formativa in presenza.
Ci sono stati due differenti momenti: uno di confronto in cerchio con gli educatori e le educatrici che nel territorio di Jesi lavorano con le/i giovani e successivamente un altro più frontale, aperto alla città, in cui i primi invitati sono stati i partecipanti al Tavolo della Comunità educante e delle Politiche giovanile e poi gli insegnanti, le cooperative, le associazioni e le varie realtà attive nel settore.
Per riflettere insieme sul tema dell’educazione oggi, abbiamo invitato Davide Fant, pedagogista e formatore, partendo dalla sua esperienza di “Anno unico” a Saronno, in cui lavora con i ragazzi e le ragazze che fanno fatica a “stare dentro il sistema” e decidono di non andare più a scuola.
La domanda da cui siamo partiti è: in che sistema viviamo però?
Un sistema stile “Hunger games”, utilizzando le parole del relatore, ovvero competitivo, che va veloce e si aspetta tanto dai ragazzi, ma che allo stesso tempo non è capace di accogliere, prospettare un futuro e dare spazio.
Allora qual è un luogo dove è possibile ritornare dalle fughe?
Un luogo dove respirare, risuonare, farsi domande di senso, dare forma al mondo interiore, perdere tempo per esplorare, sentirsi vivi senza aspettative e senza giudizi, decentrarsi rispetto al proprio universo narcisistico di solitudine.
L’esperienza di “Anno Unico” che Davide Fant ci ha raccontato, anche attraverso le parole dei ragazzi, va verso questa direzione, costruendo creativamente uno spazio possibile e sensibile, attraverso rifugi trasformativi, arte, trap ecc
Allora, con i ragazzi, si compiono attività disparate e gravide di senso: andare in biblioteca al buio, muniti di torce, a leggere insieme un libro misterioso; ricercare, nelle musiche apparentemente piene di disprezzo, le parti che colpiscono; organizzare un servizio di babysitteraggio nei corsi di italiano per donne migranti; fare spesa e cucinare insieme; andare in montagna e fermarsi al fiume ad ascoltare gli uccelli; cercare parole sfogliando libri di poesia e con esse creare una nuova composizione; indossare maschere e creare “fotoromanzi”; scrivere haiku per raccontare come ci si sente; rappresentare con la danza il malessere altrui in cui ci si riconosce.
Alcuni genitori, dopo un po’ di tempo – dice Fant – raccontano che non hanno capito di preciso cosa fanno i figli lì, ma notano che i loro occhi sono diventati più luminosi.
In un tempo troppo limitato, il relatore è stato capace di farci intravedere questo universo un po’ magico, un po’ alieno.
L’invito per chi educa è sempre quello di r-esistere e di inventare, possibilmente con qualche buon alleato, alcune vie, anche sotterranee, che possano aprire spiragli. Se è la parola che dà senso al caos, occorre sapere quali parole utilizzare e come utilizzarle, specie quando si lavora con chi (le/gli adolescenti, appunto) vive nel corpo e nella mente la dissoluzione di un’epoca di totale disincanto.
L’auspicio è anche che il Festival possa sempre essere uno spazio per trovare e ritrovare buoni alleati.